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Keyformat è una digital agency di Milano che fornisce strategie di web marketing, social media management, ottimizzazione SEO, link building, realizzazione siti

Ti raccontiamo la nostra storia, che grazie al gioco di squadra ha reso possibile ogni vittoria. Abbiamo messo in campo le nostre capacità, per questo siamo stati scelti per grandi progetti. Se sei alla ricerca delle ultime novità sicuramente sarai il prossimo che ci contatterà.

Archives for Giugno 2018

Scenario

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E AZIENDE ITALIANE, SOLO UNA SU 5 PROVA A SFRUTTARNE IL POTENZIALE

Dalla ricerca emerge un sistema impresa a due velocità e si delinea un “AI-Divide” con una maggioranza ancora poco incline all’uso di soluzioni IA in ambito marketing e comunicazione
Solo il 20% delle aziende italiane dichiara l’effettiva adozione di soluzioni di Intelligenza Artificiale e di questi solo il 5% a livello maturo. Il 36% dichiara di aver cominciato da poco la sperimentazione di tecnologie e/o servizi IA o di averla pianificata nei prossimi 12 mesi, mentre il restante 44% afferma di non prevedere l’adozione di soluzioni di IA o di non sapere se ciò avverrà.

Uno scenario di ancora scarsa consapevolezza contraddistinto da un sistema a due velocità e da un allarmante “AI-Divide” è quanto emerge dalle risposte delle 128 aziende coinvolte nell’indagine Livello di adozione e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale da parte delle aziende italiane per attività di marketing e comunicazione, presentata oggi all’Università IULM nel corso del convegno “Big Data & AI: The Future of Marketing”, realizzata dall’Osservatorio Italiano sull’Artificial Intelligence Marketinge promossa dall’Executive Master IULM in Data Management & Business Analytics – DMBA.

Partendo dal presupposto che l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale rappresenta una nuova rivoluzione non solo industriale ma anche sociale e umana, già in atto in tutto il mondo, l’analisi ha coinvolto aziende di diverse industry: servizi alle imprese, settore bancario e finanziario, comparto IT, Telco & Media. L’indagine si è svolta attraverso una survey online in modalità CAWI (nel bimestre aprile-maggio 2018) ed è stata rivolta ai responsabili marketing e comunicazione che operano nelle aziende e per le aziende.

Circa la metà del campione (52%) è a conoscenza del significato più corretto e completo di Intelligenza Artificiale, connesso all’abilità di un computer di svolgere funzioni e ragionamenti tipici della mente umana. L’altra metà collega invece l’idea di IA a quelli che sono gli utilizzi più noti e mediatizzati, come le chatbot e i robot. Il 74% delle aziende è consapevole che l’Intelligenza Artificiale può essere impiegata anche nel campo del marketing e della comunicazione. Tuttavia, la quasi totalità dei marketers (97%) dichiara la necessità e l’interesse a sviluppare le conoscenze e le competenze presenti in azienda relativamente alle applicazioni di IA.

Emergono come principali ostacoli all’adozione di tecnologie IA: la carenza di risorse economiche, di tecnologia e di personale formato sul tema (41%); la cultura interna e la scarsa propensione al cambiamento in ottica di digital transformation, connesse alla scarsa comprensione di quali siano le applicazioni e le potenzialità di IA (48%); la percezione che tali soluzioni non siano applicabili al proprio business (10%).

Sul fronte degli investimenti, oltre la metà delle aziende del campione investe in IA una quota inferiore al 5% del budget destinato alle attività di comunicazione e marketing; un incoraggiante 80% indica che nei prossimi 12 mesi questa percentuale è destinata a crescere. In sintesi: IA risulta una sfida importante da cogliere(il 74%delle aziende risponde in tal senso), ma per farlo occorre essere in grado di percepire, da subito, l’efficacia economica delle soluzioni di IA applicate al marketing.

Emerge, infatti, che le effettive funzioni organizzative che sono attualmente coinvolte nell’adozione di soluzioni di IA sono ancora soprattutto quelle dell’IT (46%), dell’automazione e robotica (23%), della ricerca e sviluppo (38%). Nell’ambito del marketing, il 56% individua l’assistenza virtuale (bot e live chat) quale immediata declinazione dell’IA, mentre il 44% comincia a coniugare l’IA con la gestione e l’utilizzo dei (big) data aziendali. Rispetto alla percezione del grado di maturità delle aziende che dichiarano di stare utilizzando servizi o piattaforme di IA, il 22% del campione si è definito “neonato“; il 30% “bambino“; il 41% “adolescente“; il 4% “adulto” e il 4% “maturo”.

I risultati raccolti hanno consentito di ricostruire due cluster di realtà per tipologia di adozione e utilizzo dell’IA

Il primo cluster di aziende ha caratteristiche che inducono a classificarle tra le neofite. A esso appartengono i profili del “neonato” e del “bambino” (il 52% del campione) che, infatti, dichiarano di scegliere di investire in “collaborazioni con agenzie o professionisti specializzati” (29%) per avviare progetti di AI marketing. Tali realtà considerano l’IA come una delle leve fondamentali per il mantenimento della propria competitività (63%), ma al momento stanno sviluppando soprattutto progetti relativi alle funzioni dell’IT, dell’automazione dei processi e della ricerca e sviluppo (53%). Dichiarano, inoltre, che non stanno investendo in attività di formazione o sviluppo di competenze per l’AI marketing (33%) destinando all’IA una quota inferiore al 5% del proprio budget di comunicazione (58%). IA viene percepita più nelle sue declinazioni operative e tattiche, approcciate con una logica “me too”, che non come un’opportunità disrupting da affrontare in modo strategico e con i necessari investimenti.

Il secondo cluster di aziende è, invece, caratterizzato da strutture che stanno utilizzando l’IA in maniera sperimentale o più evoluta: sono qui comprese le realtà che corrispondono ai profili “adolescente”, “adulto” e “maturo” (il 48% del campione). Sono realtà che hanno iniziato a investire risorse economiche nella digital transformation in progetti di AI marketing(23%), scegliendo di destinare parte del budget alla formazione di figure professionali specifiche (24%). Il 40% di loro investe in soluzioni IA una quota superiore al 10% del budget di comunicazione. In questo caso, le funzioni organizzative maggiormente coinvolte da soluzioni di IA non sono solo quelle di R&D (35%), ma anche quelle del marketing e della comunicazione (30%). Oltre a Bot e Live chat, le aziende di questo cluster utilizzano l’IA per attività di data management, facendo ricorso anche a soluzioni di machine learning di deep learning(44%).[/vc_column_text][hcode_blockquote blockquote_icon=”1″ hcode_blockquote_heading=”Osservatorio Italiano sull’Artificial Intelligence Marketing “]

Livello di adozione e utilizzo dell’Intelligenza Artificiale da parte delle aziende italiane per attività di marketing e comunicazione[/hcode_blockquote][vc_column_text]Da queste premesse, emerge uno scenario di un sistema impresa incuriosito e al tempo stesso disorientato, alla ricerca di indicazioni e di opportunità. 

Si intravede – prevedibile e molto preoccupante – un sistema impresa a due velocità dove quello che si sta delineando è un vero e proprio “AI-Divide”: da una parte, una piccola minoranza di imprese stanno affrontando con il giusto approccio le incredibili possibilità che i sistemi di IA possono offrire a tutti i livelli dell’organizzazione aziendale. Dall’altra, la maggioranza appare incerta, poco consapevole o convinta che tale tecnologia non sia per loro.

Sulle curve di disseminazione dell’innovazione si può intervenire per accelerarla a condizione che tutti gli attori del sistema facciano al meglio la propria parte: la politica, le istituzioni, le associazioni di categoria, le università, gli enti formativi. L’Università IULM sta cercando di dare un contributo in questo senso con un nuovo prodotto formativo sull’uso dell’IA per il marketing e la comunicazione data-driven (Master Data Management & Business Analytics – DMBA) e con un nuovo ambizioso progetto: la costituzione di un laboratorio di ricerca e formazione pensato proprio per aiutare le imprese a utilizzare al meglio le tecnologie di IA.

Guido Di Fraia, ideatore e direttore scientifico del master DMBA e responsabile dell’Osservatorio IULM sull’artificial intelligence marketing ha dichiarato: «I risultati dell’indagine evidenziano l’esistenza di ampi margini di miglioramento, a vari livelli, e anche che qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione. L’auspicio è che tutti gli attori in campo possanointensificare al massimo gli sforzi per ridurre sul nascere l’AI-Divide e contribuire a quello che potrebbe rappresentare, per il nostro Paese,un vero e proprio rinascimento imprenditoriale data-driven e AI supported».

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Scenario

Web Marketing Festival 2018: l’innovazione interessa agli italiani

Quasi 20mila presenze per l’evento riminese, divenuto in pochi anni il punto di riferimento nazionale per i giovani di tutta la penisola. Tema di quest’anno: l’innovazione sociale e tecnologica.

Per tre giorni, dal 21 al 23 giugno scorsi, la capitale italiana dell’innovazione è stata Rimini. È all’interno della moderna cornice del suo Palacongressi che si è svolta, infatti, la sesta edizione del Web Marketing festival, l’evento divenuto ormai il più importante d’Italia rivolto a un pubblico “generalista”, sebbene gli spazi di approfondimento della manifestazione siano praticamente innumerevoli. Un’edizione, quella 2018, che è risultata essere senza dubbio la più articolata di sempre, con oltre 50 momenti di divulgazione e 20 iniziative che i partecipanti hanno dimostrato di apprezzare con entusiasmo e partecipazione.

L’attenzione del Wmf quest’anno è stata soprattutto per il concetto d’innovazione, digitale e sociale, e le sue ovvie o meno prevedibili ricedute sul nostro futuro. Tanti i partner industriali di rilievo con i quali ci si è confrontati su numerosi temi: Amazon, Aruba, Open Fiber, Barilla, Enel e Gruppo Mondadori.

Come sempre, nel rispetto della formula del Wmf, ai momenti di divulgazione o formazione si sono alternati numerosi momenti dedicati all’intrattenimento, con numerosi ospiti che si sono alternati sul palco, un contest musicale in collaborazione con RDS 100% Grandi Successi e la consueta cerimonia di consegna dei WMF Awards, i riconoscimenti  assegnati ogni anno dalla giurie del Web Marketing Festival a personalità, aziende, enti e istituzioni che si sono distinte grazie a iniziative e campagne di comunicazione digitali innovative, efficaci e originali. Ad animare il palco quest’anno sono stati, insieme al chiarman dell’evento, Cusmano Lombardo, Elio e Cristina Chiabotto.

Un’offerta formativa unica

Sono stati oltre 400 gli speaker e gli ospiti da tutto il mondo intervenuti all’interno delle 45 sale del Festival. Un’offerta che fa dell’evento un vero e proprio unicum, per capacità formativa messa a disposizione del pubblico. Ed è stato proprio il pubblico a suggerire agli organizzatori gli argomenti da trattare. E stato così per Digital Retail, Crowdfunding, Coding & IT, Blockchain e Criptovalute, Digital HR e Digital for PMI.

La cronaca – il primo giorno

Venendo ai temi specifici affrontati nel corso del Festival, nel primo giorno, dedicato soprattutto all’innovazione sociale, le testimonianze di Carlos Bautista, ricercatore della NYU Tandon School of Engineering, e di Giancarla Pancione, Direttore Marketing Save the Children Italia, hanno permesso di discutere delle opportunità positive che, negli scenari di guerra, possono scaturire dall’innovazione digitale. Spazio anche alla Blockchain, questione di cui ha paralo l’esperto in sicurezza informatica Riccardo Meggiato. Sono stati poi l’architetto e designer Mario Cucinella, prima, e gli architetti Maurizio Carta e Mauro Faccin, poi, a proiettare l’I.A. verso nuovi spazi e all’interno delle città del futuro, portando esempi di moderne Smart Cities. L’intervento di Gabriele Bellani e Dario Modenini (Università di Bologna) ha proseguito il percorso dell’I.A. dalla Terra allo spazio, passando per le nuove possibilità offerte dai Big Data. Una panoramica ampia e aggiornata dello stato attuale del panorama innovativo italiano è stata poi fornita dall’analisi di mercato proposta dal Direttore degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, Andrea Lamperti

Nel pomeriggio, in sala plenaria si è poi parlato di “Digitale e Lotta alle mafie”. Tra le voci autorevoli intervenute nel panel quella di Giovanni Paparcuri, unico superstite dell’attentato che ha tolto la vita a Rocco Chinnici e pioniere nell’impiego delle tecnologie digitali nei processi di indagini antimafia. Si è unito agli ospiti anche Angelo Corbo, poliziotto della scorta Falcone sopravvissuto alla strage di Capaci e oggi impegnato in attività di promozione della legalità all’interno delle scuole. Spazio anche alle voci di Roberta Iannì, figlia dell’imprenditore Carmelo Iannì assassinato da Cosa Nostra, del Direttore di Rai Sicilia Salvatore Cusimano, giornalista che dal 1986 ha raccontato e scavato dentro i fatti di cronaca giudiziaria dell’epoca, e di Tiziano Di Cara, ideatore della app Noma. È stato invece Piergiorgio di Cara, Questore della Polizia di Stato, scrittore e sceneggiatore, il moderatore del panel.

Il secondo giorno

Il secondo giorno è stato invece quello dedicato agli aspetti più tecnici e futuribili del concetto di innovazione: pubblicità, media, intelligenza artificiale, ma anche architettura, ambiente e alimentazione. Il primo a salire sul palco della Sala Plenaria del Palacongressi di Rimini è stato l’architetto Mario Cucinella, che ha parlato dell’importanza dell’equilibrio tra natura e architettura. Ai temi della sostenibilità e dell’ecologia si sono collegate anche Eleonora Cogo, Senior Scientific Manager del Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici e Andrea Segrè, economista e membro della Fondazione FICO. Cogo ha spiegato come le tecnologie digitali possano aiutare l’umanità ad affrontare la sfida dei cambiamenti climatici e  ha descritto in che modo esse possano aiutare gli agricoltori a produrre più cibo con meno risorse. Sulle sorti della pubblicità si è interrogato Paolo Iabichino: «Non ci sarà un futuro se l’industria digitale non si assume le proprie responsabilità. Oggi la comunicazione di marca deve ricominciare a schierarsi e prendere posizioni nette, riconquistando il suo valore informativo e di servizio. Nel mondo d’oggi non si può più piacere a tutti», ha ammonito il Chief Creative Officer di Ogilvy & Mather. Secondo Iabichino, il futuro ha bisogno di un nuovo tipo di pubblicità, che deve essere riscritta senza etichette di media, senza barricate tra online e offline: «Bisogna concentrarsi su cosa dire e come dirlo e solo in un secondo momento decidere dove veicolare il messaggio. Non solo, oggi la pubblicità deve cambiare il suo vocabolario», ha rincarato Iabichino.

Il rapporto tra comunicazione, pubblicità e informazione

Successivamente, il palco del Web Marketing Festival ha ospitato una tavola rotonda in cui Massimiliano Montefusco, General Manager di RDS, Andrea Santagata, Deputy Managing Director – CDO – Periodici Italia del Gruppo Mondadori e Daniele Chieffi, Head of Digital Communication di Agi, si sono confrontati sul rapporto tra comunicazione, pubblicità e informazione. «L’azienda che comunica meglio è quella che unisce le tattiche moderne restando fedele al suo posizionamento e ai suoi valori, gli stessi in cui poi si rispecchieranno i consumatori», ha detto Santagata. Montefusco ha sottolineato l’importanza, da parte dei marchi, di una visione integrata che sappia contaminare strategie e soluzioni diverse, mettendo sempre al centro l’utente. Chieffi ha poi evidenziato quanto sia significativo comunicare con sincerità alla propria comunità di riferimento, prestando particolare attenzione alla reputation. La sessione della Sala Plenaria si è conclusa con tre relazioni che hanno analizzato intelligenza artificiale e machine Learning da punti di vista differenti. Alessandro Piva, Co-Director, Artificial Intelligence Observatory del Politecnico di Milano, ha dichiarato che ora l’IA si trova in una “nuova primavera”, in una fase di espansione, ricordando che ora è possibile applicare la tecnologia in una moltitudine di ambiti, basti pensare ai progressi fatti con i veicoli e i robot autonomi, con gli oggetti intelligenti, con assistenti e chatbot e con i motori di raccomandazione. In questo scenario, ha chiarito Piva, il mercato italiano è ancora “vergine”.

Poi è stato il turno di Luisella Giani, EMEA Industry Strategy Director, che ha prospettato gli scenari futuri legati proprio all’intelligenza artificiale, destinata ad assistere e complete l’essere umano in misura sempre maggiore. Con Monica Orsino, Senior Client Development and Training Manager & Client Engagement Manager, l’IA è stata infine considerata come strumento di democratizzazione e accessibilità a favore dei diversamente abili.

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Affinity Marketing

Formati pubblicitari e realtà aumentata, Teads lancia inRead AR

Che la realtà aumentata potesse contribuire significativamente al mondo dell’advertising era questione di tempo. I progetti in ballo, volti a realizzare delle esperienze che siano davvero efficaci, hanno iniziato a coinvolgere un numero consistente di player, dando vita a prodotti sempre più completi. L’ultima novità arriva da casa Teads che durante il festival Cannes Lions ha presentato la prima versione dimostrativa del suo nuovo formato inRead AR tramite due demo create per Burger King e per Ray Ban.

«La realtà aumentata è entrata a far parte dell’immaginario comune grazie ad app come Pokemon Go, che ha portato le persone ad avere sempre più familiarità con questa tecnologia. inRead AR offrirà ai brand l’opportunità di interagire con i consumatori in modo molto più profondo e più personale, questo rende la pubblicità ancor più emozionante», ha spiegato Bertrand Cocallemen, Global Creative Director di Teads Studio.

Come funziona il nuovo formato

inRead AR sarà disponibile nelle prossime settimane attraverso Teads Studio  e consentirà ai brand di fare leva sulla potenza della realtà aumentata per creare annunci altamente ingaggianti e interattivi. Nello specifico, il formato permetterà agli utenti di interagire con un annuncio in realtà aumentata senza scaricare applicazioni dedicate: tutta l’interattività prenderà vita all’interno dell’ad unit di inRead AR, su browser mobile o desktop.

L’integrazione della realtà aumentata è resa possibile grazie alla partnership con DeepAR, un team di ingegneri, ricercatori provenienti dal MIT, 3D designer con precedenti esperienze in Candy Crush e Dreamworks. Grazie a questa partnership, i designer e il dipartimento creativo interno di Teads potranno utilizzare la realtà aumentata di DeepAR con l’SDK di face-tracking per valorizzare l’esperienza pubblicitaria. «Ora più che mai, la pubblicità ha la necessità di colpire e sorprendere i consumatori. Questo formato permette ai brand di interagire con l’utente in modo creativo e ludico, creando esperienze divertenti e memorabili che producono risultati», ha aggiunto Emi Gal, CEO di Teads Studio & CMO di Teads.

L’innovazione come chiave del successo

Questa è solo l’ultima delle innovazioni introdotte da Teads: nell’ultima settimana Teads ha annunciato una nuova offerta a performance rivoluzionaria guidata dall’AI, Teads True Visits, e nel 2017 la società è stata la prima al mondo ad integrare dei chatbot all’interno di annunci video. Con inRead AR, brand e advertiser avranno accesso alla piattaforma di Teads che vanta una audience reach di 1,2 miliardi di visitatori unici al mese, di cui 800 milioni su mobile. Secondo comScore, la reach globale di Teads super quella di Oath, Adap.tv, Brightroll, Tobemogul di Adobe e SpotX di Bertelsman. Inoltre, in molti Paesi, incluso il Regno Unito, la reach potenziale della società (ovvero la reach mensile deduplicata dei propri publisher) supera quella di Facebook ed è alla pari di quella di Youtube.

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Scenario

Nel 2020 il Mobile varrà oltre il 30% del totale mercato advertising

I brand, sempre più propensi a investire sul mobile, modificheranno le strategie di acquisizione dei clienti

Crescita a ritmo accelerato e spostamento degli utenti sul mobile. È questo, in sintesi, il futuro dell’advertising secondo Zenith, che ha appena pubblicato l’ultima versione del report “Advertising Expenditure Forecasts”. Secondo la centrale media, nel 2020 la pubblicità mobile rappresenterà il 30.5% degli investimenti pubblicitari a livello globale, in forte crescita rispetto al 19.2% registrato nel 2017. Nel 2020 il settore toccherà quota 187 miliardi di dollari, oltre il doppio rispetto agli investimenti in desktop advertising (pari a 88 miliardi di dollari nel 2020). Un dato ancora più significativo se pensiamo che gli investimenti sulla TV raggiungeranno nel 2020 i 192 miliardi di dollari (+5 miliardi vs mobile advertising). A riguardo, Zenith prevede che, mantenendo costante il tasso di crescita, nel 2021 le entrate pubblicitarie generate dal mobile arriveranno addirittura a superare quelle generate dalla pubblicità televisiva.

Va evidenziato come l’incremento degli investimenti su mobile a discapito di altri media va di pari passo con il progressivo spostamento di audience su questo canale. Nel 2017 gli investimenti riservati al mezzo sono aumentati del +35% e, secondo le stime degli Advertising Expenditure Forecasts di Zenith, continueranno a crescere con un tasso medio annuo del +21% fino al 2020.

Zenith sottolinea anche come lo spostamento dei budget sul mobile advertising potrebbe influenzare la capacità dei brand di attrarre nuovi consumatori e di ampliare la propria market share. Come mostra un’altra ricerca di Zenith, “Touchpoints ROI Tracker”, i media tradizionali garantiscono maggiore recall sui nuovi consumatori, o light buyer, rispetto al mobile. Ai fini della costruzione di una strategia di comunicazione efficace è quindi fondamentale avere consapevolezza di quali sono i canali da utilizzare nella fase di acquisition e quali invece riservare alla fase di retention.

Sempre secondo “Touchpoint ROI Tracker”, la pubblicità televisiva risulta essere più efficace rispetto al mobile nel recall di nuovi potenziali clienti. Il massaggio pubblicitario in TV è ricordato dal 53% dei potenziali consumatori, com’è ricordato dai consumatori fedeli.

Percentuale che si ferma al 41% in caso di pubblicità su mobile. Utilizzare il mobile per contattare i clienti esistenti può sicuramente supportare i brand nel raggiungere obiettivi a breve termine mirati sul target, soprattutto per la crescente capacità del mezzo di creare un collegamento tra tutte le fasi del consumer journey. Tuttavia il mobile risulta essere meno efficace dei mezzi tradizionali sugli obiettivi di brand awareness a lungo termine, quindi i brand con una forte presenza mobile dovrebbero considerare di aumentare i propri investimenti sui canali tradizionali per bilanciare il media mix.

Cina: crescita a doppia cifra per il cinema

Per quanto riguarda gli altri mezzi, tra il 2017 e il 2020 Zenith prevede che TV e radio cresceranno dell’1% all’anno, l’OOH del 3%. Il cinema crescerà con un tasso medio annuo pari al 16%, grazie anche all’investimento in nuovi schermi, al lancio di franchise film di successo e all’ottimizzazione delle attività di marketing a livello internazionale. A questa importante crescita contribuirà in particolare il mercato cinese dove nel 2017 le vendite di biglietti sono aumentate del +22%, dando una forte spinta agli investimenti sul mezzo. Nel 2017 il mercato del cinema advertising ha raggiunto quota 1.2 miliardi di dollari, superando in valore quello statunitense e secondo le stime di Zenith entro il 2020 toccherà quota 2.8 miliardi di dollari.

Passando alla stampa, tra il 2017 e il 2020 Zenith prevede che gli investimenti sui quotidiani caleranno a un tasso medio annuo del -7.5%, sui periodici del –6%. Questi dati percentuali si riferiscono solo alla carta stampata. Nei Paesi in cui sono disponibili dati di investimento combinati per la stampa off e online si osserva come l’apporto del digitale attenui il calo rilevato sull’offline ma non riesca a invertire il trend negativo.

Stabile la crescita della spesa pubblicitaria globale

Secondo Zenith nel 2018 gli investimenti pubblicitari a livello globale cresceranno del 4.5%. Per il 2019 si prevede una crescita del 4.2% e per il 2020 del 4.3%. Nel complesso il mercato globale della pubblicità manterrà nei prossimi anni un tasso di crescita stabile tra il 4-5%, in linea con il trend rilevato a partire dal 2011.

L’Asia Pacifico traina la crescita del mercato pubblicitario globale

L’Asia Pacifico è senza dubbio l’area che contribuisce in modo più significativo alla crescita del mercato pubblicitario globale. Si stima infatti che nel periodo compreso tra il 2017 e il 2020 il contributo della regione rappresenterà il 43% delle nuove entrate pubblicitarie, pari a 32.1 miliardi di dollari su un totale di 75.1 miliardi di dollari. Nella top 10 dei mercati che più contribuiranno alla crescita globale ben 6 sono localizzati in Asia Pacifico: Cina (che da sola rappresenterà il 22% della crescita globale), India (che contribuirà con il 5%), Indonesia (4%), Giappone (3%), Filippine (3%) e Corea del Sud (2%). Zenith prevede che l’Asia Pacifico rappresenterà il 33.8% degli investimenti pubblicità globali nel 2020, rispetto al 32.6% del 2017.

L’America del Nord, regione che attualmente raccoglie la quota più ampia di investimenti in advertising, ha rallentato la crescita: nel triennio 2017/2020 essa contribuirà con il 27% alle nuove entrate pubblicitarie, mentre la sua quota nella spesa pubblicitaria globale scende da 37.1% a 36%.[/vc_column_text][hcode_blockquote blockquote_icon=”1″ hcode_blockquote_heading=”Jonathan Barnard | Head of Forecasting e Director of Global Intelligence Zenith”]“Il dinamismo dei mercati dell’Asia Pacifico traina lo sviluppo del mercato pubblicitario a livello globale, con un tasso di crescita annuo pari al 5-6%. Entro la metà del prossimo decennio sarà la più grande regione al mondo dal punto di vista pubblicitario”[/hcode_blockquote][vc_column_text]“Il dispositivo mobile, che oggi teniamo sempre con noi, sta diventando la nostra porta di accesso al mondo dei media, ma le sue capability nel processo di brand-building sono ancora un punto interrogativo. Applicare le stesse modalità usate in passato alle nuove tecnologie non si traduce necessariamente in un vantaggio per il brand. È fondamentale avere una profonda conoscenza di come lavora l’ecosistema dei media paid, owned e earned per ottenere il ROI,” ha commentato Vittorio Bonori,  Global Brand President  di Zenith.

Lo scenario italiano

Nel 2017 il PIL italiano è cresciuto dell’1.5% e un’ulteriore crescita dell’1.5% è prevista anche per il 2018. Tuttavia, dopo le elezioni di marzo, sono emerse incertezze economiche. Il tasso di inflazione scende a quota 0.7% nel primo trimestre 2018, mentre il tasso di disoccupazione è stabile attorno all’11.1%. Nel 2018 aumenta la fiducia dei consumatori (116,2 vs 107,6 nel primo trimestre 2017), mentre diminuisce l’indice di fiducia delle aziende manifatturiere (109,6 vs 106,0). Alla luce di queste evidenze, Zenith prevede che nel 2018 il giro d’affari del mercato pubblicitario italiano sarà del +1.5% rispetto all’anno precedente.

La TV, dopo la contrazione registrata nel 2017 (-1,6%), nel 2018 tornerà a crescere (+0.7%). La Coppa del Mondo darà una spinta agli investimenti sul mezzo, anche se la nazionale italiana non si è qualificata per la competizione.

La radio mantiene il trend positivo iniziato nel 2015 (+3,5% nel 2018) e muove i primi passi nel processo di trasformazione dall’offline al programmatic buying.

Anche per il digital prosegue l’onda positiva (+ 7% nel 2018), grazie soprattutto ai formati video e ai social media. Le connessioni Internet tramite dispositivi mobili, smartphone e tablet, hanno mantenuto una crescita a doppia cifra: 34,3 milioni di utenti unici a febbraio 2018 (62.4% di copertura mensile), in aumento del +11.3% rispetto allo stesso mese del 2017. Il Mobile raddoppia il desktop in termini di utenti unici medi e tempo trascorso sul mezzo. Prosegue invece il trend negativo della stampa quotidiana e periodica (rispettivamente -7% e -6.8%). Nel 2018, il governo fornirà incentivi (tax credits) alle aziende che investiranno in pubblicità su quotidiani e periodici il cui valore ecceda almeno l’1% degli investimenti effettuati nell’anno precedente. È probabile che questa misura attenui la crisi della stampa. Per quanto riguarda il cinema, dopo la straordinaria performance del 2016 (+6,8%), seguita da una contrazione del -1% nel 2017, si prevede nel 2018 un lieve aumento degli investimenti sul mezzo. Infine, l’Outdoor continua a mostrare un segno negativo (-2% nel 2018).

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Scenario

Noi siamo i brand che scegliamo

La società di ricerche Ipsos ha chiesto agli italiani quali sono le marche più influenti per loro e i risultati tra conferme e qualche sorpresa. Ikea unico non digital nella top ten, dove non ci sono brand nostrani

Ipsos, leader mondiale nel settore delle ricerche di mercato, ha stilato la nuova classifica 2018 dei “The Most Influential Brands”, ovvero le 100 marche in Italia che, secondo l’opinione degli oltre 4.000 italiani intervistati, sono in grado, in modi e per motivi differenti, di “influenzare” le nostre vite.

L’edizione 2018 della ricerca ha posto l’accento sulla relazione tra influenza e identità, indagando in che modo un brand può rafforzare la propria influenza permettendo ai propri clienti, utenti e consumatori, di rappresentare e addirittura esprimere la propria identità. Un tema, quello dell’identità, che sta assumendo un ruolo sempre più determinante per orientare le scelte di consumo. Il consumatore contemporaneo, senza più i forti valori di appartenenza tradizionali, trova nelle marche un nuovo elemento d’identificazione e, in alcuni casi, un vero e proprio alleato nella vita di tutti i giorni. Sono i brand capaci di mettere al centro l’individuo e di rifletterne i valori quelli che, più di altri, sono anche in grado di ispirarne le scelte.

«Il processo d’identificazione tra noi e i brand influenza le nostre abitudini, i nostri comportamenti e i modi di fare acquisti nella vita di tutti i giorni – osserva Nicola Neri, Amministratore  Delegato Ipsos, che aggiunge -Basti pensare che dai dati di un nostro studio internazionale emerge come il 66% degli intervistati dichiari di comprare tendenzialmente marchi che riflettono i propri valori; mentre un 63% afferma di attribuire sempre maggiore importanza alle marche di cui si fida,  soprattutto nel contesto contemporaneo, in cui siamo costantemente sovraesposti a migliaia di opzioni e input differenti”.

L’importanza fondamentale per l’azienda di saper creare un rapporto identitario con i consumatori è pienamente confermata dal ranking 2018 dello studio “The Most Influential Brands”. Se guardiamo la classifica da questa prospettiva, notiamo che spiccano le realtà che offrono servizi il più possibile personalizzati e/o personalizzabili e che danno alle persone ampia libertà di scelta, rispondendo in modo rapido e puntuale ai loro bisogni.

La Classifica The Most Influential Brands 2018 e Insight

Se si ragiona in termini di servizi e di capacità di soddisfare velocemente le esigenze, ecco che al primo posto della classifica 2018 compare Amazon: l’online retail divenuto parte integrante delle abitudini di acquisto per molti che, per la prima volta, spodesta il primato di Google.

Due le new entry nella Top 10 2018: PayPal al quarto posto e IKEA al decimo. La società di pagamento digitale entra per la prima volta e con forza, nel ranking, segno probabile di quanto la facilitazione dei processi quotidiani sia valore oltremodo determinante dell’influenza delle marche. IKEA, invece, si attesta come unico brand non tech e non di servizi che riesce a raggiungere per la prima volta la Top 10. Il colosso svedese si dimostra ancora una volta maestro nello storytelling incentrato sulla libertà di scelta che diventa espressione della propria identità.[/vc_column_text][hcode_blockquote blockquote_icon=”1″ hcode_blockquote_heading=”Ipsos”]Cinque sono i fattori chiave che determinano l’influenza* di una marca sulla vita quotidiana dei consumatori: 1) Engagement (coinvolgimento), 2) Leading Edge (innovazione, capacità di far tendenza), 3) Trustworthy (fiducia, affidabilità), 4) Corporate Citizenship (impegno e ruolo sociale), 5) Presence (presenza)[/hcode_blockquote][vc_column_text]Fuori dai dieci, per la prima volta, tutte le aziende del comparto Food che rimangono comunque nei posti alti della classifica generale grazie al grande valore che in Italia si attribuisce ancora al settore alimentare e la capacità di tali brand, si pensi a Nutella, Parmigiano Reggiano, Ferrero, Barilla, Grana Padano, nell’aver costruito negli anni un forte legame identitario (e nazionale) con i consumatori. Non a caso questi brand performano in maniera molto alta sulle dimensioni del Trustworthy (fiducia e affidabilità) e della Corporate Citizenship (impegno e ruolo sociale).

Il mondo dell’Entertainment merita una riflessione a parte perché emblema di come stia cambiando in modo radicale il modello di fruizione da parte dei consumatori. Finita ormai l’era dei palinsesti fissi, il settore tv e dei nuovi servizi ad esso collegati è in continua evoluzione, impegnato in maniera quasi spasmodica nell’offrire un servizio il più possibile personalizzato, ampio, esclusivo e disponibile in qualsiasi momento. Simbolo di queste rapide trasformazioni e della capacità di rispondere puntale alle esigenze dell’utente è la scesa in campo di Netflix che, nel giro di un solo anno, ottiene un avanzamento da record: se nella classifica 2017 il famoso portale di streaming era all’ottantesima posizione, nel 2018 si attesta al 26°. Un balzo in avanti di ben 60 posizioni che non fa altro che sottolineare “l’affaticamento” delle reti tradizionali a tenere il passo. Un’altra crescita significativa, sempre restando nel settore del consumo di entertainment, è quella di Spotify, piattaforma streaming musicale che registra un salto in avanti di quasi 30 posizioni rispetto al 2017.

Tra le aziende che operano nel settore moda spicca Zalando che, per la prima volta in classifica, entra direttamente al 29° posto. Ancora una volta il consumatore premia un servizio rapido, personalizzabile, con un ampio catalogo di offerta che permette grande libertà di scelta e che dà la possibilità di esprimere il proprio stile. Ci sono infine i social network che dopo aver cambiato in maniera così profonda e netta il modo di comunicare, confrontarsi e informarsi si relazionano in maniera del tutto nuova alle generazioni più giovani. Se si osserva la classifica The Most Influential Brands 2018 in base alle fasce di età, emerge in maniera inequivocabile come i più giovani (la cosiddetta generazione Z, tra i 15 e i 22 anni) seguano decisamente altre logiche. La GenZ è infatti la prima ad essere cresciuta con i social e la classifica lo rispecchia. Tra i giovannismi Whatsapp è al primo posto, Amazon solo al terzo, dopo Google, Facebook scende al quinto, mentre compare con forza Instagram, social network non presente nella Top 10 delle altre fasce di età prese in considerazione. Ed è proprio il social network delle immagini per eccellenza che registra un notevole salto in avanti passando dal 33° posto della classifica generale alla sesta posizione nella classifica della GenZ, confermandosi uno dei i social network preferiti tra i giovanissimi.

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Affinity Marketing

Quali sono i 10 influencer Instagram più pagati al mondo e quanto guadagnano

Quanto guadagna un top influencer su Instagram? Cifre da capogiro. Per chi ha milioni di follower ogni post può fruttare fino a 18 mila dollari. E a farla da padrone, sul social dedicato alle immagini, sono quasi sempre donne

C’è un motivo se schiere sempre più ampie di giovani ambiscono, oggi, tra lo sgomento dei propri genitori, a “diventare influencer”. Quello dei cosiddetti influencer – ossia di coloro che, “dall’alto” di un canale Youtube, di una pagina Instagram o Facebook, o utilizzando qualunque altro strumento social comunicano e, appunto, influenzano i propri follower attraverso le proprie scelte – è un mercato florido, e sempre più aziende in tutto il mondo decidono di ricorrere, anche in maniera sistematica, all’aiuto degli influencer per promuovere i propri prodotti o servizi. Secondo alcune indagini, il settore inizia a movimentare cifre interessanti. Negli stati Uniti, secondo un report eMarketer, soltanto Instagram avrebbe generato qualcosa come 570 milioni di dollari di sponsorizzazioni pubblicitarie. Oggi nascono nuovi Influencer praticamente ogni giorno. Come in tutti i settori, c’è chi riesce nell’intento di affermarsi nel mondo dei social influenzando davvero i consumatori e chi no. Ma coloro che ce la fanno, i “grandi” che raccolgono sulle proprie pagine milioni di utenti, possono vantare dei veri e propri tesori. L’azienda di social media intelligence Blogmeter ha stilato un elenco dei 10 influencer più pagati di Instagram, una classifica scaturita da un’analisi effettuata nel periodo compreso tra il 12 dicembre 2017 e l’11 gennaio 2018, basata sui dati di prezzo condivisi da HopperHQ

 I primi tre sul podio: Huda Kattan, Cameron Dallas e Jennifer Selter

Sul gradino più alto del podio di questa Top 10 troviamo Huda Kattan, beauty influencer, nata negli Stati Uniti da genitori iraniani. Nel 2010 ha aperto il suo blog, che nel giro di pochi mesi ha raggiunto una popolarità tale da lanciare il primo marchio di make up nel 2013. Oggi Huda Kattan può contare su 25,6 milioni di follower su Instagram, dove posta circa 9 contenuti al giorno con un engagement mensile pari a circa 54 milioni di utenti. Un post sponsorizzato da questa influencer, secondo i dati rilasciati, costa circa 18mila dollari. Al secondo posto, molto vicino al primo, c’è un giovane influencer uomo: Cameron Dallas, il cui cachet è pari a 17mila dollari per post. Ha iniziato a pubblicare video sulla piattaforma Vine nel 2012 e ora è ambasciatore D&G con circa 21 milioni di seguaci e un engagement mensile di 24 milioni di utenti. Al terzo posto troviamo Jennifer Selter. Popolare per le foto del suo fondoschiena, Jen conta 12 milioni di follower e un engagement di 6,3 milioni di utenti: 15mila dollari è il costo richiesto per un post sponsorizzato da questa stella del fitness.

 Dal terzo al sesto posto Nash Grier, Zoe Sugg e Chiara Ferragni

 Gli Youtubers Nash Grier e Zoe Sugg condividono la quarta piazza: entrambi, per ogni loro singolo post sponsorizzato su Instagram chiedono 13mila dollari. Il primo è conosciuto soprattutto per i suoi video di sketch comici, che l’hanno portato a raggiungere i 10 milioni di follower su Instagram e quasi 5 milioni di iscritti al canale YouTube; la seconda, meglio conosciuta come Zoella, è diventata popolare per i suoi video su bellezza e moda e ora può contare su oltre 12 milioni di iscritti sul suo canale YouTube e quasi 11 milioni di seguaci su Instagram. Al sesto posto troviamo l’unica influencer italiana in classifica: Chiara Ferragni, ideatrice del marchio The Blond Salad. La compagna del rapper Fedez ha un costo per post sponsorizzato di 12mila dollari, ma su Instagram ha a disposizione uno degli engagement migliori in circolazione, con oltre 40 milioni di utenti mensili e 13 milioni di seguaci.

 Chiudono la Top 10 Julie Sariñana, Aimee Song, Danielle Bernstein e Liz Eswein

 Al settimo e ottavo posto della classifica troviamo due blogger americane di moda e life style: Julie Sariñana, meglio conosciuta come SincerelyJules e Aimee Song, o SongOfStyle, che condividono lo stesso numero di seguaci su Instagram: 4,8 milioni ciascuno. La prima ha un costo per post di 10mila dollari, la seconda di 9mila. Infine completano la Top 10 stilata da Blogmeter, Danielle Bernstein, che grazie al suo profilo Instagram WeWoreWhat, può contare su 1,8 milioni di follower e circa 7mila dollari per ogni singolo post sponsorizzato e Liz Eswein (@newyorkcity), una fotografa con base a New York che vanta 1,4 milioni di follower su Instagram e un cachet di 6mila dollari per post sponsorizzato.

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