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Ti raccontiamo la nostra storia, che grazie al gioco di squadra ha reso possibile ogni vittoria. Abbiamo messo in campo le nostre capacità, per questo siamo stati scelti per grandi progetti. Se sei alla ricerca delle ultime novità sicuramente sarai il prossimo che ci contatterà.

Dynamic Marketing

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I 10 Beauty Influencer italiani più coinvolgenti sui social

Secondo l’indagine svolta da Blogmeter, ClioMakeUp e Nicole Husel sono le Regine dei social, mentre tra i beauty brand più amati spiccano Benefit, CosMyFy e NYX Cosmetics

Blogmeter, società italiana di social intelligence, ha stilato tramite la sua piattaforma proprietaria, Blogmeter Suite, una classifica che incorona i 10 beauty influencer italiani più coinvolgenti sui social. Prendendo come riferimento temporale il mese di gennaio 2019, sono stati analizzati i profili Facebook, Instagram, Twitter e YouTube dei principali beauty blogger e vlogger italiani ed è stata creata una Top 10 per total engagement. Prima posizione per colei che può essere definita l’influencer beauty più celebre d’Italia: parliamo di Clio Zammatteo, alias ClioMakeUp. Con un engagement pari a 4,9 milioni di interazioni e oltre 6,3 milioni di seguaci, Clio è al momento la beauty blogger con il seguito più ampio in Italia (una delle poche, però, a non possedere ancora un profilo business su Instagram). Tra i contenuti più apprezzati vi sono senza dubbio quelli con protagonista la figlia Grace, ma anche quelli dedicati alla sua nuova linea di makeup “ClioMakeUp” lanciata nel 2018. Sul secondo gradino del podio sale Nicole Husel (alias KissAndMakeup01) con oltre 1,7 milioni di interazioni.  Nicole conta oltre 1,4 milioni di fan/follower sui suoi 4 canali social, collabora attivamente con Benefit Cosmetics e nel mese passato ha lanciato il suo primo kit in collaborazione col brand. Il terzo posto se lo aggiudica Adriana Marmaglio, meglio conosciuta come Adriana Spink, che in un mese guadagna poco più di 1,6 milioni di interazioni. Adriana conta oltre 800 mila fan grazie a contenuti variegati, ironici e coinvolgenti, a cui spesso partecipano sia il fidanzato che amiche e colleghe youtuber.

YouTube e Instagram i social più utilizzati

Dal quarto al decimo posto del rating troviamo nell’ordine: Christian Filippi (Damn Tee), Gaia Masera, Nicole Pallado, Melissa Tani, Eleonora Tani (The Lady), Debora Fulli eAlessio Carnabuci (Ale Hilton). Ad accomunare gli influencer presenti in questi classifica vi è sicuramente l’utilizzo prevalente di due canali social: YouTube e Instagram. Il primo viene particolarmente apprezzato per proporre tutorial e video-recensioni di prodotti, mentre il secondo rappresenta più una vetrina nella quale gli influencer mostrano attimi della propria vita privata senza però tralasciare riferimenti al mondo del beauty (foto di prodotti o del proprio beauty look del giorno). Riguardo ai contenuti social proposti dai beauty influencer è interessante notare come frequentemente vengano citati marchi di prodotti cosmetici, spesso, però, senza alcun riferimento a collaborazioni sponsorizzate. Tra i marchi più spontaneamente apprezzati dagli influencer della nostra Top 10 compaiono Fenty Beauty, Benefit Cosmetics, NYX Cosmetics e CosMyFy. Quest’ultimo brand, in particolare, collabora con cinque dei dieci influencer presenti in classifica, i quali sono stati recentemente coinvolti nella creazione e nel lancio di due nuovi prodotti: le palette Iconic e il rossetto Lip Mousse by Makeup Delight.  Da non sottovalutare, infine, i tutorial che sempre più spesso vedono coinvolti marchi che pur appartenendo ad altri settori, propongono linee di makeup a prezzi molto accessibili, tra i quali Zara, Primark e addirittura la catena di discount, Eurospin

METODOLOGIA:

La Top10 Beauty Influencers è stata realizzata a partire da un panel di profili di beauty blogger italiani. La classifica è ordinata in ordine decrescente per Total Engagement calcolato nel periodo 1 gennaio – 31 gennaio 2019, sui canali Facebook, Instagram, Twitter e YouTube. Il dato relativo ai follower è, invece, aggiornato al 5 febbraio 2019. L’analisi è stata effettuata utilizzando la piattaforma integrata di social intelligence, Blogmeter Suite.

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Facebook: presente e futuro del Social Media per eccellenza

Che il 2018 non sia stato un anno particolarmente facile per Facebook è assodato: l’azienda, infatti, si è trovata al centro di molto scandali – tra cui il famosissimo caso Cambridge Analitica -, e ha visto il proprio organico ridursi, con molti dei propri manager che hanno abbandonato il progetto, tra cui i cofondatori di WhatsApp e Instagram. Nonostante tutto, però, le performance di fine anno dell’azienda sono state molto positive: si parla di 16,91 miliardi di dollari di ricavi (+30% anno su anno) – contro i 16,39 miliardi stimati dal mercato -, oltre a un aumento dei profitti del 61% (contro i 49% previsti), che raggiungono i 6,88 miliardi di dollari. Di conseguenza è aumentato al il titolo di Facebook in Borsa (+7%), mentre il valore degli utili per azione è pari a 2,38 dollari, contro i 2,18 dollari attesi.

Crescono gli utenti

Il numero degli utenti del Social Network per eccellenza continuano a crescere, nonostante non ai ritmi di qualche tempo fa: sia gli utenti giornalieri che quelli mensili sono cresciuti del 1,8% rispetto al precedente trimestre e dell’8,6% anno su anno. In termini assoluti, Facebook tocca quota 1,5 miliardi come utenti attivi giornalieri, di cui 282 milioni in Europa (riprendendo a crescere dopo il calo nei trimestri precedenti). Circa i ricavi medi per utente, invece, questi raggiungono quota 7,37 dollari, aumentando del 21% sul trimestre e del 19% sull’anno. In totale, gli utenti di tutto il gruppo – quindi Facebook, Instagram, WhatsApp o Messenger – sono circa 2,7 miliardi al mese, con 2 miliardi di persone che, almeno una volta al giorno, utilizzano una di esse.

Il potere dell’adv

Nel settore pubblicitario, l’azienda ha raccolto 16,640 miliardi di dollari, con un aumento del 30% rispetto all’anno precedente: di questi, il 93% è proveniente da mobile (rispetto all’89% del Q4 2017).

crescita facebook 2018 keyformatZuckerberg, sull’argomento ha commentato: «La nostra comunità e il nostro business continuano a crescere. Abbiamo fondamentalmente cambiato il modo in cui guidiamo la nostra azienda per focalizzarci sui grandi problemi sociali, e stiamo investendo ancora di più sulla costruzione di nuovi e stimolanti modi per connettere le persone».

I numeri dell’esercizio 2018

Nell’occasione, sono stati comunicati anche i numeri relativi all’esercizio 2018. I ricavi complessivi hanno raggiunto i 55,8 miliardi di dollari (+37% sul 2017), di cui 55 provenienti dalla vendita di pubblicità (+38%).

L’unione di Whatsapp, Messenger e Instagram 

Tra i progetti più ambiziosi nel futuro, Facebook prevede l’unione delle tre piattaforme. Whatsapp, Messenger e Instagram, infatti, continueranno a esistere singolarmente, ma di cui, entro il 2020, sarà unificata l’infrastruttura tecnologica alla base. Questa sfrutterà la crittografia end-to-end, che ad ora è utilizzata solo da WhatsApp. Tra gli effetti di questa uninione ci sarebbe, sicuramente, la possibilità comunicare tra clienti delle diverse app: ad esempio, un utente WhatsApp potrebbe così scrivere a uno Messenger, senza che quest’ultimo abbia necessariamente un account sull’app. Questa unificazione permetterebbe a Zuckerberg, fondatore di Facebook, di rendere il proprio ecosistema ancora più simbiotico, puntando così a un maggiore utilizzo di tutti gli strumenti da parte degli utenti. Questo si rifletterebbe in un aumento dell’attività pubblicitaria, permettendo anche l’aggiunta di nuovi servizi di pagamento, nonostante non sia stato pubblicamente ammesso dall’azienda. Tra le altre, l’effetto desiderato sarebbe quello di rendere maggiormente monetizzabili Instagram e WhatsApp, che, nonostante i grossi numeri in fatto di utenti attivi al mese (1 miliardo per la prima e 1,5 per la seconda), non generano abbastanza entrate.

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Google compie 20 anni tra luci e ombre

Con circa 80 miliardi di dollari dalla pubblicità online, il motore è divenuto nel tempo la più grande concessionaria al mondo. Un successo commerciale che non accenna a diminuire, nonostante i crescenti problemi con i regolatori di tutto il mondo.

La storia, almeno quella iniziale, è nota a tutti. E anche se non lo fosse, non ci vuole molto ad immaginare che anche Google, come quasi ogni altro gigante della Silicon Valley, è nato in un garage. Oltre al garage, gli altri protagonisti della storia sono due giovani geniali dottorandi di Stanford con in tasca un brevetto potenzialmente rivoluzionario e un dominio registrato per errore. Sarebbe dovuto essere Googol, termine coniato dal matematico Edward Kasner per indicare 10 elevato alla centesima potenza, quel numero intero espresso da un 1 seguito da cento zeri. Era il 4 settembre del 1998 quando Larry Page e Sergey Brin fondavano ufficialmente Google. I vent’anni successivi sono stati il frutto in evoluzione, o forse sarebbe meglio dire “in rivoluzione”, della creazione di Google: crescita esponenziale di internet, dei suoi utenti e, ovviamente dei fatturati del motore

E per chi si chiedesse come abbia fatto l’azienda ad arrivare ad avere 60mila dipendenti e un fatturato da 110 miliardi la risposta è duplice: dettando e non subendo, in ogni momento, i cambiamenti tecnologici attraverso una costante attività di ricerca e sviluppo che l’ha portata nel tempo a diversificare le sue attività all’interno di un numero impressionante di settori, anche  tradizionali, come nel caso dell’auto senza conducente.

Un alfabeto di innovazioni

L’azienda e i suoi fondatori preferiscono festeggiare il proprio anniversario il 27 settembre, data in cui il motore di ricerca ha superato il (primo) record di contenuti indicizzati e non il 4, giorno della fondazione di Google Inc. Ma il dominio google.com in realtà venne registrato nel 1997, prima che la società avviasse le proprie attività.

Oggi Google Inc. è parte della galassia Alphabet, la holding creata nel 2015 proprio per rendere più chiara agli occhi degli azionisti l’evoluzione multidisciplinare del suo business: non più solo motore di ricerca, ma anche piattaforma video con YouTube, sistema operativo con Android, browser con Chrome, produttore di dispositivi hardware – leggi Google Home. Senza considerare altre operazioni meno note, come il Cloud e gli esperimenti nel campo dell’intelligenza artificiale e della salute e, come già detto, dei trasporti.

Ma l’attività che ha fatto e continua a costituire la fortuna della società è quella legata alla pubblicità, ovviamente digitale. Un ambito in cui Google ha rivoluzionato profondamente sia i processi sia gli equilibri di mercato, e questo nonostante agli albori Brin e Page si fossero schierati contro l’advertising.

A come Advertising

Nei vent’anni appena trascorsi, infatti, Big G è divenuta la più grande concessionaria al mondo: nel 2016, secondo il rapporto di Zenith, il fatturato proveniente dagli annunci promozionali è stato di circa 80 miliardi di dollari, ben superiore a quello di mostri sacri della televisione come ad esempio Fox.

Oggi Google è guidata dal Ceo Sundar Pichai, mentre Eric Schmidt, il manager che ha seguito la crescita di valore dell’azienda dei due nerd Brin e Page, ha lasciato tutti i ruoli operativi all’interno della società all’inizio del 2018. Anche Brin e Page si sono progressivamente allontanati dal business di tutti i giorni, rimanendo comunque all’interno dell’azienda. 

L’altra faccia del motore

La crescita ipertrofica e soprattutto le dimensioni raggiunte da Google in termini di quote di mercato – circa il 90% degli occidentali online lo utilizza per le sue ricerche – hanno procurato alla società non pochi grattacapi con i regolatori di tutto il mondo. E le le maxi-sanzioni comminate dall’Unione Europea ad Alphabet negli ultimi quattordici mesi, inerenti pratiche scorrette sono soltanto le ultime in ordine di tempo. Il colosso di Mountain View deve fare i conti anche con le autorità fiscali dei diversi Paesi in cui opera e, da poco, anche con la politica. In questi giorni, infatti, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accusato il motore di ricerca di essere “truccato”. Il motivo? Google favorirebbe la circolazione di fake news e notizie denigratorie sul conto del presidente degli States.

E tra un po’ potrebbe riaprirsi nuovamente il capitolo Cina: Google ha cessato le operazioni del suo motore di ricerca diversi anni fa, in aperto scontro con la censura del Paese. Ma, secondo alcune indiscrezioni – solo parzialmente smentite dai numeri uno del colosso – potrebbe presto tornare a fare affari con uno dei governi più oppressivi del pianeta. Per il momento, a parlare sono soprattutto i suoi numeri: un utile netto di 8,2 miliardi di dollari e una capitalizzazione del titolo di circa 850 miliardi, che ne fa una delle aziende a più alto valore in tutto il mondo. Con un futuro ancora tutto da scrivere.

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WE ARE HIRING! SEO SPECIALIST

SEO Specialist

 

In un’ottica di potenziamento dell’organico, per la nostra sede di Milano, siamo alla ricerca di una figura da inserire nel ruolo di SEO Specialist.

La ricerca è indirizzata a un SEO specialist brillante, dalla mente aperta e con sviluppate capacità di ascolto, che abbia maturato significative esperienze di Search Marketing e che abbia la capacità di lavorare in gruppo, di collaborare e condividere idee e conoscenze con le altre figure interne all’azienda completa in modo determinante il profilo.

Competenze richieste:

ottima conoscenza dei fattori SEO On-site e Off-Site
ottima conoscenza di Google Analytics e Google Tag Manager (tracciamento obiettivi, conversioni, etc.)
buona conoscenza di Google Adwords (Search, Display)
buona conoscenza di HTML, Javascript, CSS
buona conoscenza dei principali CMS (WordPress, Joomla, ecc)
conoscenza dei principali SEO Tools (Semrush, SeoZoom, Screaming Frog ecc).
Ottime capacità di organizzazione e pianificazione; orientamento al problem solving. E’ indispensabile una buona conoscenza della lingua inglese parlata e scritta.
Conoscenza delle Tecniche e delle strategie di acquisizione di link inbound;
Capacità di progettazione dell’architettura dell’informazione.

Il suddetto annuncio è rivolto ai candidati di entrambe i sessi, ai sensi del D.lgs. 198/2006

SE PENSI DI POTER ESSERE LA PERSONA GIUSTA MANDA IL TUO CV A INFO@KEYFORMAT.COM

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Facebook crolla in borsa per gli effetti di Cambridge Analytica e del GDPR

Nell’ultima trimestrale l’azienda non centra le stime per la prima volta dal 2015. Cala l’utenza in Europa per effetto del Gdpr. Salgono ancora pubblicità e utili ma il mercato non è convinto delle strategie

Non è bastato neppure l’intervento diretto di Mark Zuckerberg. Le audizioni di fronte alle commissioni del governo statunitense e dell’Eu del Ceo di Facebook dopo la nota vicenda di Cambridge Analytica sono servite a evitare le varie maxi-multe che pendevano sull’azienda ma alla distanza il conto è comunque arrivato. A presentarlo sono stati i mercati che hanno “punito” l’ultima trimestrale – la prima dal 2015 in cui Facebook non ha centrato le stime – facendo crollare il titolo di un quinto del proprio valore – il 20,54.

Cambridge Analytica più GDPR, uno due fatale

Anche gli stessi mercati, evidentemente, devono aver creduto come la maggior parte di noi che neppure lo scandalo mondiale dei “dati facili” che l’ha visto coinvolto a fine aprile potesse rallentare i suoi impressionanti ritmi di crescita. Così quando la scorsa settimana il gigante di Palo Alto ha comunicato di non aver raggiunto i risultati prospettati il titolo azionario è stato oggetto di una vendita in massa, tanto da “bruciare” circa 120 miliardi di dollari di capitalizzazione nelle contrattazioni after-hours di Wall Street, il 20,54% del valore del titolo in due ore, per la precisione.

In realtà afar partire le vendite sono stati non soltanto i dati sui ricavi dell’azienda nel trimestre, che benché non abbiano raggiunto la soglia di 1,36 miliardi, hanno comunque segnato un progresso del 42% rispetto ad aprile-giugno 2017, toccando quota 13,23 miliardi.

Stesso discorso per l’utile, salito a 5,11 miliardi, e addirittura superiore alle stime (utile per azione a 1,74 dollari rispetto a 1,72 previsto).

A gettare un’ombra sulle prospettive dell’azienda dal punto di vista degli analisti sono stati i numeri sugli utenti: nonostante l’azienda comunichi con una certa regolarità il numero complessivo di utenti del proprio “walled garden” (Facebook + Instagram + Whatsapp) sia di 2,5 miliardi di persone nel mondo ogni mese, i numeri sugli utenti unici giornalieri (DAU), fermi a 1,47 miliardi rispetto a un pronostico di 1,49 miliardi hanno spaventato i mercati più delle buone notizie. Gli utenti, in particolare, sono calati in Europa: nel Vecchio Continente Facebook ha perso 3 milioni di utenti giornalieri e 1 milione di utenti unici mensili. Un risultato dovuto, con ogni probabilità, all’adozione del GDPR da parte degli stati Europei. L’adeguamento alle normative europee sulla privacy ha comportato al social network di comunicare le proprie prassi di gestione e richiedere nuovamente il consenso agli utenti. Una simile operazione, giunta subito dopo la notorietà del caso Cambridge Analytica, ha certamente spinto alcuni di essi a uscire da Facebook.

Il Futuro con o senza la privacy?

E proprio il nodo legato alla privacy sarà quello sul quale si giocherà il prossimo futuro della creatura di Zuckerberg, almeno secondo gli analisti. Se il combinato degli effetti dello scandalo e dell’introduzione in Europa di un nuovo consenso informato da parte degli utenti ha avuto un tale effetto, è difficile non pensare che impatto avrebbe l’introduzione di una regolamentazione analoga negli Stati Uniti, mercato completamente deregolamentato in tal senso. Non è un caso, infatti, se alla vigilia dell’adozione del GDPR in Europa Facebook abbia “spostato” circa 1,5 miliardi di account sparsi nel mondo dai server dell’irlanda a quelli californiani, per evitare proprio le limitazioni del regolamento entrato in vigore il 25 maggio. Il risultato di questa operazione è che per molti dei suoi utenti l’azienda è sottoposta al regime fiscale irlandese ma per quanto riguarda le normative sulla privacy a far fede sono le norme vigenti nello Stato della California. Un assetto che, evidentemente, non ha affatto convinto i mercati sul futuro di Facebook.

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L’effetto Ronaldo travolge la Juventus: nella prima settimana oltre 2 milioni di contenuti condivisi e una crescita a 4 cifre per le ricerche relative allo store online

L’asso portoghese si dimostra un fuoriclasse anche fuori dal campo: 520mila le maglie vendute il primo giorno e centinaia di migliaia i nuovi fan sui canali social della società bianconera

Che siano 105 milioni o anche più, sono in pochi nel nostro Paese – persino i tanti tifosi “anti-juve” – a pensare che l’acquisto di Ronaldo da parte della Juventus non sia stato un affare. L’asso portoghese è talmente famoso universalmente che davvero tutti hanno intuito come sia la Juve sia il Gruppo Fca intendono trarre beneficio dalla sua presenza nel nostro campionato. Quello che sfugge ai più, però, è la portata del fenomeno Ronaldo e la sua dimensione quantitativa. Ma basta esaminare come ha fatto la Practice Content di Publicis Media Italia, la prima “settimana juventina” di Cristiano Ronaldo per capire che il giocatore funziona come una “killer Application” praticamente in ogni settore in cui è impiegato. Stando ai dati diffusi da Yahoo Sports, The Guardian e beIn Sports, infatti, sono state 520mila le magliette di Ronaldo vendute nel suo primo giorno da juventino. Allo stesso modo, secondo l’analisi di Publicis, dal 10 al 16 luglio 2018 sono stati prodotti a livello globale sul web oltre 2 milioni di contenuti attinenti l’evento del passaggio del giocatore in maglia juventina. Di questi, ben 868.537 concentrati il 10 luglio, data dell’annuncio ufficiale, e altri 418.292 il 16 luglio, giorno della presentazione allo Stadium. Nel suo studio Publicis Media Italy evidenzia poi un incremento pari al +1.150% nelle ricerche dedicate allo Juventus Official Online Store.Interessanti anche gli insight ricavati dalle Top Shared Urls, relativi ai contenuti più condivisi a livello globale. Tra i brand più coinvolti dalla vicenda spicca EA Sports, società di videogiochi produttrice della serie FIFA 19, di cui Ronaldo è testimonial, che ha dovuto rivedere il gioco e tutta la propria attività di comunicazione dando visibilità alla nuova maglia bianconera, nonché ebay, dove si è focalizzata la ricerca delle magliette del calciatore.

Eco internazionale

Al contrario di quanto di creda, non sono stati gli italiani i più loquaci sulla vicenda Ronaldo: la maggioranza dei contenuti online è stata prodotta fuori dai confini nazionali, l’87,8%, contro il 12,7% proveniente dall’Italia. I Paesi più attivi sono stati, nell’ordine, il Brasile, che supera l’Italia con il 13% di contenuti generati, gli Stati Uniti (9.7%) e UK (4.6%). Hanno contribuito ad alimentare il buzz online gli uomini per l’80% e le donne per il 20%, con una spiccata concentrazione sugli utenti di età inferiore ai 18 anni (il 51%), più affini al mondo social, seguiti dalla fascia di età 18-34 anni (22%) e dalle persone di età superiore ai 35 anni (27%).

Pochi editori, BBC Protagonista 

Degli oltre 2 milioni di contenutirilevati solo 87.470 sono di tipo editoriale, pari al 4%, pubblicati in testate di news e blog di tutto il mondo. In base alle Top Shared Urls, il contenuto più condiviso al mondo è l’annuncio ufficiale del passaggio del fuoriclasse alla Juve e l’editore che il 10 luglio, con la pubblicazione della notizia, ha ottenuto più condivisioni è la BBC, seguita da The Guardian e da Sky.

Effetto “boom” sui social 

La maggioranza delle conversazioni ha avuto luogo sui social con il 96% dei post pubblicati sulle principali piattaforme. In generale, i primi passi del fuoriclasse nella squadra torinese sono stati accolti positivamente con il 29% dei contenuti dal mood positivo, 65% neutrale e solo 6% negativo. I canali social ufficiali della Juventus mostrano un notevole incremento di utenti: +658.062 fan per Facebook, + 1.470.543 follower per Instagram e +243.868 follower per Youtube. Il post con il maggior numero d’interazioni (550mila like e 72mila condivisioni su Facebook, oltre 3milioni su Instagram) è stato pubblicato il 10 luglio e ha dato il via all’hashtag ufficiale #CR7JUVE, utilizzato in 651.886 conversazioni. Su Youtube il video più visto (quasi 5 milioni di visualizzazioni in due giorni) è stato quello diffuso in occasione del primo incontro di Ronaldo con la sua nuova squadra.

I dati relativi all’italia

Restringendo l’analisi all’Italia, sono stati contati 244.857 contenuti, di cui il 95% a carattere social. Il giorno di picco delle conversazioni è stato il 16 luglio, mentre il sentiment risulta essere più positivo rispetto al dato globale con il 35% dei contenuti dal mood positivo, 59% neutrale e 6% negativo.

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