Con circa 80 miliardi di dollari dalla pubblicità online, il motore è divenuto nel tempo la più grande concessionaria al mondo. Un successo commerciale che non accenna a diminuire, nonostante i crescenti problemi con i regolatori di tutto il mondo.
La storia, almeno quella iniziale, è nota a tutti. E anche se non lo fosse, non ci vuole molto ad immaginare che anche Google, come quasi ogni altro gigante della Silicon Valley, è nato in un garage. Oltre al garage, gli altri protagonisti della storia sono due giovani geniali dottorandi di Stanford con in tasca un brevetto potenzialmente rivoluzionario e un dominio registrato per errore. Sarebbe dovuto essere Googol, termine coniato dal matematico Edward Kasner per indicare 10 elevato alla centesima potenza, quel numero intero espresso da un 1 seguito da cento zeri. Era il 4 settembre del 1998 quando Larry Page e Sergey Brin fondavano ufficialmente Google. I vent’anni successivi sono stati il frutto in evoluzione, o forse sarebbe meglio dire “in rivoluzione”, della creazione di Google: crescita esponenziale di internet, dei suoi utenti e, ovviamente dei fatturati del motore
E per chi si chiedesse come abbia fatto l’azienda ad arrivare ad avere 60mila dipendenti e un fatturato da 110 miliardi la risposta è duplice: dettando e non subendo, in ogni momento, i cambiamenti tecnologici attraverso una costante attività di ricerca e sviluppo che l’ha portata nel tempo a diversificare le sue attività all’interno di un numero impressionante di settori, anche tradizionali, come nel caso dell’auto senza conducente.
Un alfabeto di innovazioni
L’azienda e i suoi fondatori preferiscono festeggiare il proprio anniversario il 27 settembre, data in cui il motore di ricerca ha superato il (primo) record di contenuti indicizzati e non il 4, giorno della fondazione di Google Inc. Ma il dominio google.com in realtà venne registrato nel 1997, prima che la società avviasse le proprie attività.
Oggi Google Inc. è parte della galassia Alphabet, la holding creata nel 2015 proprio per rendere più chiara agli occhi degli azionisti l’evoluzione multidisciplinare del suo business: non più solo motore di ricerca, ma anche piattaforma video con YouTube, sistema operativo con Android, browser con Chrome, produttore di dispositivi hardware – leggi Google Home. Senza considerare altre operazioni meno note, come il Cloud e gli esperimenti nel campo dell’intelligenza artificiale e della salute e, come già detto, dei trasporti.
Ma l’attività che ha fatto e continua a costituire la fortuna della società è quella legata alla pubblicità, ovviamente digitale. Un ambito in cui Google ha rivoluzionato profondamente sia i processi sia gli equilibri di mercato, e questo nonostante agli albori Brin e Page si fossero schierati contro l’advertising.
A come Advertising
Nei vent’anni appena trascorsi, infatti, Big G è divenuta la più grande concessionaria al mondo: nel 2016, secondo il rapporto di Zenith, il fatturato proveniente dagli annunci promozionali è stato di circa 80 miliardi di dollari, ben superiore a quello di mostri sacri della televisione come ad esempio Fox.
Oggi Google è guidata dal Ceo Sundar Pichai, mentre Eric Schmidt, il manager che ha seguito la crescita di valore dell’azienda dei due nerd Brin e Page, ha lasciato tutti i ruoli operativi all’interno della società all’inizio del 2018. Anche Brin e Page si sono progressivamente allontanati dal business di tutti i giorni, rimanendo comunque all’interno dell’azienda.
L’altra faccia del motore
La crescita ipertrofica e soprattutto le dimensioni raggiunte da Google in termini di quote di mercato – circa il 90% degli occidentali online lo utilizza per le sue ricerche – hanno procurato alla società non pochi grattacapi con i regolatori di tutto il mondo. E le le maxi-sanzioni comminate dall’Unione Europea ad Alphabet negli ultimi quattordici mesi, inerenti pratiche scorrette sono soltanto le ultime in ordine di tempo. Il colosso di Mountain View deve fare i conti anche con le autorità fiscali dei diversi Paesi in cui opera e, da poco, anche con la politica. In questi giorni, infatti, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha accusato il motore di ricerca di essere “truccato”. Il motivo? Google favorirebbe la circolazione di fake news e notizie denigratorie sul conto del presidente degli States.
E tra un po’ potrebbe riaprirsi nuovamente il capitolo Cina: Google ha cessato le operazioni del suo motore di ricerca diversi anni fa, in aperto scontro con la censura del Paese. Ma, secondo alcune indiscrezioni – solo parzialmente smentite dai numeri uno del colosso – potrebbe presto tornare a fare affari con uno dei governi più oppressivi del pianeta. Per il momento, a parlare sono soprattutto i suoi numeri: un utile netto di 8,2 miliardi di dollari e una capitalizzazione del titolo di circa 850 miliardi, che ne fa una delle aziende a più alto valore in tutto il mondo. Con un futuro ancora tutto da scrivere.