Italiani interessati a IOT e digitalizzazione dei servizi ma emergono barriere sulla gestione dei dati personali

Dynamic Marketing 18 Aprile 2018
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Controllo della privacy e gestione dei dati sono le nuove sfide da vincere per garantire la fiducia nel brand Con una copertura di oltre 55.000 utenti Internet regolari in 50 mercati in tutto il mondo, Connected Life è una ricerca condotta dalla società Kantar TNS che offre informazioni essenziali sull’impatto del crescente ecosistema digitale nel panorama dei media, esplorando come la tecnologia stia trasformando la vita dei consumatori in tutto il pianeta. Quest’anno indaga la questione del rapporto fiduciario in un mondo iperconnesso e cerca di capire di che cosa si fida il consumatore e perché e come i marchi dovrebbero rispondere per mantenere ed eventualmente incrementare questo rapporto fiduciario: dalle notizie false ai dispositivi connessi, fino ad arrivare ai chatbot, la tecnologia sta modellando la società ma al tempo stesso sta ponendo serie problematiche in termini di controllo dei dati e della privacy. Il quadro che ne emerge vede situazioni molto diverse e addirittura polarizzate: mentre la fiducia dei consumatori europei e statunitensi nei brand viene compromessa dalla esasperata diffusione della pubblicità e del contenuto, i paesi dell’Asia e dell’Africa sembrano accogliere contenuti e messaggi dei brand con apertura. Per quanto riguarda il panorama italiano, si evince una sostanziale fiducia delle persone nei sistemi automatizzati, dal momento che un partecipante lo studio su 6 (pari al 62% del campione) si dice a proprio agio nei processi di interazione. La domotica è uno degli aspetti dove forse l’integrazione IoT e digitalizzazione influenza di più la vita degli users: il 69% delle persone è interessato a controllare con la voce un televisore, mentre il 66% vorrebbe poter comandare così le luci di casa e un italiano su due (il 45% del panel) desidera poter rifornire il proprio frigorifero di casa da remoto. In particolare, gli Assistant con comandi vocali sono ormai considerati dei veri e propri “amici” da parte di chi li utilizza e c’è chi li considera addirittura come un modo per recuperare le relazioni umane perdute: il 76% degli utilizzatori abituali di voice tech sostiene infatti di usare quella tecnologia in maniera del tutto naturale, senza rendersene più conto, mentre il 53% di chi usa uno smartphone ritiene che la voice technology aiuterà le persone ad interagire maggiormente, liberandole dall’obbligo di guardare uno schermo. Quasi un utente su due (il 43% del campione) afferma di amare il proprio voice assistant, al punto da considerarlo una persona reale. Se però si indaga la percentuale di utenti disposta a usare quotidianamente dispositivi interconessi in grado di gestire e controllare la loro vita quotidiana, la percentuale dei favorevoli cala sensibilmente, passando al 48%. Ancora inferiore è la quota di pubblico disposta ad interagire unicamente con modelli di customer care esclusivamente online. Un aspetto particolare della ricerca si concentra sul settore Automotive, dove il tema non è la fiducia, che comunque viene concessa con maggiore disponibilità alle case automobilistiche piuttosto che ai grandi brand tecnologici, quanto piuttosto la reale conoscenza dei vantaggi dell’auto connessa, al punto che in alcuni casi manca persino la consapevolezza di possedere una vettura interconnessa. Il mondo connesso e lo sviluppo dell’IOT pongono il tema della “fiducia” nella relazione con i brand e con le istituzioni. Ne ha parlato Andrea Corti, Client Partner Tech, Comms, Utilities – Kantar, Insights Division, intervenendo al Summit Chief IoT Officer, ospitato in IoThings Milan, l’evento totalmente dedicato all’Iot e alla Digital Transformation of Things.[/vc_column_text][hcode_blockquote blockquote_icon=”1″ hcode_blockquote_heading=”Andrea Corti Kantar”] La connessione è dunque parte integrante della nostra vita: il 14% della popolazione connessa possiede ed utilizza i nuovi device wearable ed una percentuale molto simile usa il proprio Smartphone per monitorare il proprio stato di salute. Sul tema Internet of Things, almeno a livello di dichiarato, emergono livelli di interesse molto elevati per la connessione in rete degli elettrodomestici ed anche per la possibilità di comandare vocalmente il televisore o le luci di casa. Il controllo vocale sembra sviluppare una forte soddisfazione per chi lo utilizza concretamente, tanto che si arriva a “voler bene” al proprio voice assistant e a desiderare che diventi una persona reale[/hcode_blockquote][vc_column_text]L’Italia è un paese sempre più connesso: passiamo quasi 5 ore al giorno sui device, ne possediamo in media 3 a testa e soprattutto li usiamo in contemporanea in almeno un quarto dei casi, secondo i risultati di Connected Life, lo studio globale di Kantar TNS. Il futuro della domotica, dunque è già oggi e l’innovazione del voice command sembra coinvolgere sempre più utenti, sostenuta da una sorta di legame emotivo umanizzante. La tecnologia viene percepita spesso come una barriera, ma se si riesce ad attivare la prova, il coinvolgimento emotivo che si crea permette di accettare la relazione con la “macchina”. Anche per quanto riguarda la digitalizzazione e la robotizzazione dei servizi al Cliente, si nota una più che discreta apertura, dato che il 62% degli intervistati si dice a proprio agio nell’interagire con sistemi automatizzati per i servizi di sportello più comuni e il 34% è aperto a modelli di customer care esclusivamente online. Una parte della popolazione è dunque disposta a rinunciare a un contatto umano, ovviamente a fronte di un servizio di qualità. Dove stanno allora le barriere? Si concentrano sul tema della fiducia e della gestione dei propri dati, che in alcuni casi costituiscono resistenze tanto forti da smorzare l’entusiasmo per i vantaggi offerti dalla digitalizzazione. Ad esempio, il 57% della popolazione connessa è preoccupato dalla quantità di dati a disposizione delle aziende, e addirittura il 48% dei consumatori in Italia (contro il 43% nel mondo) si oppone a dispositivi connessi che controllano le loro attività, anche se ciò rende più facile la loro vita! Spostandoci sul tema delle auto connesse, troviamo una situazione piuttosto differente. Qui il problema non è tanto di fiducia, anche se è interessante il fatto che si attribuisce più credibilità ai brand automobilistici rispetto a quelli più prettamente tecnologici. Il vero tema è la conoscenza dei vantaggi dell’auto connessa: ad oggi la connettività pesa solo per l’11% nei driver di scelta di un’auto e in molti casi manca perfino la consapevolezza di possedere un’auto connessa! Temi più squisitamente commerciali che richiederanno azioni di marketing focalizzate da parte delle case automobilistiche, per comunicare i benefit delle diverse funzionalità delle auto connesse, valorizzando così gli investimenti effettuati. Come superare queste barriere? «Costruire #fiducia nel Brand e offrire uno scambio “fair” al consumatore/cliente è la via più concreta per rinnovare la relazione, che poi come sempre, si attiva gradatamente: essere pazienti aiuta a costruire credibilità, step by step. Tra l’altro, bisogna prima comprendere cosa è percepito come “fair” dal consumatore stesso (percezione a volte differente in categorie merceologiche diverse) e magari, perché no, offrire un reward anche “personalizzato”. Inoltre, le aziende devono imparare ad essere più “trasparenti”. A comunicare il fine per cui si richiede l’autorizzazione alla gestione dei dati e a rispettare le autorizzazioni. Purtroppo alcuni casi poco onesti hanno minato la reputazione a livello generale, generando diffidenza come sentiment diffuso, sostenuto anche dai recenti accadimenti che hanno coinvolto Facebook» ha concluso Andrea Corti.